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    Villacidro, a due anni dalla morte di Michele Murgia due domande aspettano ancora una risposta

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    Sono passati due anni dalla morte tragica sul lavoro di Michele Murgia, l’autotrasportatore di Villacidro che ha perso la vita a 34 anni rimanendo schiacciato all’interno della cabina del suo tir da una pesante lastra di cemento, staccatasi dalla parte superiore di un capannone in cui Murgia aveva finito di scaricare la merce e dal quale stava uscendo per fare rientro a casa.

    Michele Murgia era un camionista esperto e preparato: per questo è opportuno porsi delle doverose domande.

    L’altezza del capannone era regolare, tanto da consentire che i mezzi di trasporto come tir, autoarticolati e autotreni potessero entrare al loro interno? Era prassi comune entrare con i mezzi dentro il capannone o era accaduto solo in quella occasione?

    Di certo si sa che Michele, quel giorno, guidava un tir con un container carico di pellet ed è entrato dentro un capannone nella zona industriale di Villacidro. Dopo che il container è stato scaricato è probabile che il suo mezzo si sia sollevato proprio per la diminuzione del peso: durante l’uscita dal capannone il tir ha urtato con il container contro la trave facendola crollare nella cabina e uccidendo il povero ragazzo.  

    Sul fronte giudiziario si mise immediatamente sotto sequestro il capannone e poi dopo qualche mese ci fu l’archiviazione: per i familiari una seconda tragedia. È impensabile che una vicenda del genere possa essere dimenticata e quelle due domande riecheggiano nella mente di coloro che conoscevano Michele e sapevano perfettamente quanto fosse prudente alla guida del suo tir e quanto fosse un autista preparato.

    E allora lo chiediamo ancora una volta: l’altezza del capannone era regolare, tanto da consentire che i mezzi di trasporto come tir, autoarticolati e autotreni potessero entrare al loro interno? Era prassi comune entrare con i mezzi dentro il capannone o era accaduto solo in quella occasione?

    Se qualcuno rispondesse a queste domande si avrebbe qualche dubbio in meno e si farebbe definitivamente chiarezza – e magari giustizia – sull’ennesima morte sul posto di lavoro in Sardegna.

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