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    Prigionieri in casa propria

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    Il Papa emerito Benedetto XVI ci ha lasciati. È la notizia del giorno. Che si creda o meno in Dio o nella religione Cattolica questa è una notizia che ci accompagnerà nei prossimi giorni. Personalmente credo, quindi la morte di un Papa, anche se emerito, mi coinvolge. Così ho pensato, o forse è meglio dire fantasticato, di partecipare come semplice fedele ai funerali celebrati da Papa Francesco che si terranno in Piazza San Pietro il prossimo 5 gennaio. In mattinata mi avevano già chiamato alcuni amici continentali con cui avevo condiviso, da volontario, tante missioni durante il pontificato di Papa Ratzinger. Fummo presenti alla sua prima messa del pontificato quando la protezione civile fu incaricata di garantire l’assistenza ai pellegrini. Poi seguimmo il Papa nel suo viaggio a L’Aquila per il terremoto del 2009, durante l’incontro con il volontariato di Protezione Civile che si tenne nell’Aula Paolo VI e, infine, nell’unico viaggio apostolico che Papa Benedetto XVI compí in Sardegna nel 2008. Ci è sembrata una buona idea trovarci tutti a Roma per l’ultimo saluto a quel Papa che ci ha accompagnato in un tratto della nostra vita. Abbiamo potuto fare lo stesso con Papa Giovanni Paolo II e, anche se qualcuno riderà di questo, per noi esserci è stato importante. I miei amici avevano già i piani pronti per mezzogiorno di oggi, beati loro. Appena saputo dalla tv che i funerali si sarebbero tenuti il 5 gennaio prossimo hanno fatto in fretta a programmare la partecipazione. Loro, i continentali, non devono dipendere da nessuno. Loro sono veri italiani, noi no. Dovranno solo mettere la sveglia molto presto la mattina del 5 e raggiungere Roma con la loro auto per tempo. Al massimo qualcuno di loro passerà la notte in treno o in autobus. Finito il funerale torneranno a casa in giornata. Questo non vale, naturalmente, per noi nativi isolàni.  Avevo già intuito per esperienza che trovare i voli disponibili non sarebbe stato facile, sopratutto in questo periodo di feste. Proprio per questo mi sono mosso in anticipo. Mi sono collegato con tutti i siti delle compagnie aeree per capire come avrei potuto fare a muovermi da Cagliari verso Roma, nostra capitale. Ci ho perso quasi due ore. Davo per scontato, da cittadino nato in un’isola, di dover passare almeno una notte in albergo. Impossibile fare tutto in giornata per chi deve attraversare il mare, però confidavo almeno di poter tornare il giorno stesso dei funerali, magari con l’ultimo volo a disposizione. Impossibile. Tutto occupato. Di disponibile non c’è nulla. Così, mentre i miei amici faranno tutto in poco meno di 12 ore io dovrei sacrificarne almeno 72 per prendere parte al funerale. Ma non solo questo. Mentre a loro questa partecipazione costerà al massimo 100 euro tra benzina e pedaggi autostradali, io ne dovrei spendere oltre 700 tra voli, treni, autobus, metropolitana, parcheggi auto in aeroporto, almeno due giornate in albergo e via dicendo. Tutto da far combaciare perfettamente e senza che vi siano imprevisti con il lavoro o con altro. Ho provato anche a optare per il traghetto, la musica è pure peggio. Da Cagliari la nave per Civitavecchia non effettua traversate tutti i giorni e per essere a Roma la mattina presto del 5 devi obbligatoriamente partire il 2 per tornare il 6 mattina, ovvero devi star fuori casa quattro notti. Resta la linea con Olbia. Salpare dalla cittadina gallurese per Civitavecchia con un passeggero e una utilitaria al seguito costa la “modica” cifra di 540 euro, pasti esclusi, a cui va aggiunta una notte in albergo e il carburante. Se non porti l’auto ti costa “solo” 305 euro a cui devi però aggiungere il costo dei treni per Roma e quelli per il trasporto urbano, oltre naturalmente ai pasti e al pernottamento in albergo. Ad averlo saputo prima mi sarei dovuto organizzare per tempo, perché è questo che devono fare i sardi, essere dei veggenti con la palla di cristallo tra le mani. Già, cari amici, proprio così. Perché per noi isolàni di nascita e stirpe anche venire a trovare i propri cari a natale o capodanno è una impresa che impone sacrifici e privazioni, figuriamoci decidere di prendere parte a un funerale fuori Sardegna. Bene, oggi è uno di quei giorni in cui si è tristi due volte. La prima perché, da fedele, muore un Papa che hai conosciuto e ti ha accompagnato in un tratto di vita. La seconda perché ancora una volta mi sono sentito prigioniero in casa mia. Con tutta probabilità dovrò per l’ennesima volta rinunciare ad esercitare il sacrosanto diritto alla mia libertà di movimento, e questo solo perché mi trovo per caso fisicamente nella mia terra natia in ostaggio di un sistema di trasporti che ci tratta come merci di infimo ordine. Pensavo che agli albori del 2023 non ci si potesse più sentire reclusi in casa propria, sbagliavo. Nel mio passaporto c’è scritto Repubblica Italiana come in quegli di tutti i suoi cittadini, ma è una illusione per noi sardi di nascita credere di farne parte con i medesimi diritti e opportunità degli altri. Per essere davvero liberi dobbiamo scappare dalla nostra terra. Per pagare le tasse siamo cittadini italiani come tutti gli altri, per esercitare i nostri sacrosanti diritti di libertà no. Oggi per chi ha fede è morto un padre, anzi un nonno saggio come ci ha ricordato solo pochi giorni fa Papa Francesco. Beh, come figlio o nipote non ho la stessa possibilità dei miei fratelli e sorelle italiane di prendere parte a un funerale. E ciò che è più grave è che questo succede anche quando a lasciarci sono gli affetti personali più vicini e più cari ad ognuno di noi, ma nessuno se ne cura. La continuità territoriale non esiste, esistono solo le bugie che ci racconta ogni volta la politica per illuderci di essere liberi. Quella stessa politica che i propri biglietti aerei o non li paga o li fa pagare a noi. 

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